Giorgio Occoffer

13 articoli

Personale – 1989 – Milano

Biblioteca rionale di Niguarda
Via Passerini 5, Milano
11/25 Febbraio 1989

http://www.occoffer.com/portfolio/personale-1989/

GIORGIO OCCOFFER

Chi ha conosciuto e seguito il Giorgio Occoffer di trent’anni fa, quando – giovanissimo pittore di vaga influenza sironiana – lavorava preferibilmente en plein air, studiando momenti e cogliendo tensioni delle periferie milanesi, resta ammirato ma non sorpreso, forse stupito ma non perplesso, nell’osservare, sintetizzato in questa mostra, il suo percorso, appunto trentennale. Occoffer ha condotto, lungo tutto questo periodo che è quasi una vita, una solitaria ricerca personale: di forme, di colori, di emozioni, di lancinanti o di rasserenanti memorie. Una ricerca apparentemente (o dichiaratamente) volta a conoscere in modi sempre nuovi e diversi la materia pittorica e il suo farsi sembiante; in realtà, una ricerca che costituisce un’articolata testimonianza del tempo trascorso – con il corredo di eventi, sensazioni, mutamenti di gusto e di visione – e soprattutto, un continuo, aperto dialogo con l’immaginario osservatorio ideale: un altro e non diverso da sé. La costanza della ricerca è anche una costanza della ragione: che non significa fredda lucidità o distaccata formulazione, ma – nel caso di Occoffer – anche una non contraddittoria costanza della fantasia, della sensibilità, magari dell’ossessione.
Il protagonista, sia pure schivo e tormentato, è lui: le opere sono altrettanti segnali per comprendere le tappe di un’esistenza non dissimile da quella di tanti altri di noi (“confessiamo di aver vissuto” potrebbe essere il nostro nerudiano motto), solo che lui è riuscito a fissarle e a concentrarle, ogni volta che ne sentiva l’esigenza, in un 50 x 70, o giù di lì.

Lorenzo Pellizzari

Quattro Pittori – 1958 – Milano

Galleria del Baguttino
Via Bagutta 8, Milano
2/17 Giugno 1958

quattro pittori 1958

GIORGIO OCCOFFER

La periferia di GIORGIO OCCOFFER è qualcosa di vero, un piccolo mondo geograficamente limitato, come i cieli arrugginiti e le finestre soffocate, ma così denso di forze ed espressioni da sembrare un universo. Ci sono le grandi case popolari e le vecchie fabbriche, le catene di distillatori, i treni, le massicciate spoglie, i serbatoi; ci sono i cieli di pioggia, di freddo, di caldo, di temporale; le atmosfere diluite, impalpabili, polverose, paurose.

E ci sono gli uomini, incamminati per una strada muta e fredda (NATALE A LAMBRATE), o immobili in un’attesa solidale, densa di significati e di promesse (L’ATTESA), o che consumano seduti su una pietra la loro stanchezza, la loro aridità, il loro pianto (L’OPERAIO); gli uomini che si vedono e quelli che non si vedono, le centinaia e migliaia che abitano, lavorano, partono e arrivano nei limiti di questo mondo. I treni corrono sulle massicciate spoglie, portano via chi è stanco, chi è bruciato, chi è finito: molte volte si ha la tentazione di seguirli. I motivi, i colori, i sentimenti, le idee fanno parte di un’unica ricerca, che è poi ricerca di se stessi, delle proprie origini e del proprio futuro, un immettersi al di sopra delle ipocrisie, delle tentazioni, degli intellettualismi preconcetti in una vita attiva, cosciente, naturale, dove si lotti contro l’ingiustizia e la sofferenza e dove si esprima una forza fiduciosa, inarrestabile: la stessa forza che pare muoversi dalle sue fabbriche e dalle sue case. E base della ricerca è la volontà di dipingere per gli uomini, parlare di quanto li circonda, li assorbe, li distrugge o ne è distrutto. Il canto allora può diventare gioia, lirica felicità (amore del sole, dell’aria, della gente, come ne LE CASE DEI TRANVIERI) o può mutarsi in dolore – così come nei casi della vita – fondersi in colori cupi e immagini desolate. La sua pittura è una voce che si può ascoltare – e tutti possono ascoltare e comprendere – ma soprattutto è un atto di onestà, di sincerità.

Lorenzo Pellizzari