Galleria del Baguttino
Via Bagutta 8, Milano
2/17 Giugno 1958
GIORGIO OCCOFFER
La periferia di GIORGIO OCCOFFER è qualcosa di vero, un piccolo mondo geograficamente limitato, come i cieli arrugginiti e le finestre soffocate, ma così denso di forze ed espressioni da sembrare un universo. Ci sono le grandi case popolari e le vecchie fabbriche, le catene di distillatori, i treni, le massicciate spoglie, i serbatoi; ci sono i cieli di pioggia, di freddo, di caldo, di temporale; le atmosfere diluite, impalpabili, polverose, paurose.
E ci sono gli uomini, incamminati per una strada muta e fredda (NATALE A LAMBRATE), o immobili in un’attesa solidale, densa di significati e di promesse (L’ATTESA), o che consumano seduti su una pietra la loro stanchezza, la loro aridità, il loro pianto (L’OPERAIO); gli uomini che si vedono e quelli che non si vedono, le centinaia e migliaia che abitano, lavorano, partono e arrivano nei limiti di questo mondo. I treni corrono sulle massicciate spoglie, portano via chi è stanco, chi è bruciato, chi è finito: molte volte si ha la tentazione di seguirli. I motivi, i colori, i sentimenti, le idee fanno parte di un’unica ricerca, che è poi ricerca di se stessi, delle proprie origini e del proprio futuro, un immettersi al di sopra delle ipocrisie, delle tentazioni, degli intellettualismi preconcetti in una vita attiva, cosciente, naturale, dove si lotti contro l’ingiustizia e la sofferenza e dove si esprima una forza fiduciosa, inarrestabile: la stessa forza che pare muoversi dalle sue fabbriche e dalle sue case. E base della ricerca è la volontà di dipingere per gli uomini, parlare di quanto li circonda, li assorbe, li distrugge o ne è distrutto. Il canto allora può diventare gioia, lirica felicità (amore del sole, dell’aria, della gente, come ne LE CASE DEI TRANVIERI) o può mutarsi in dolore – così come nei casi della vita – fondersi in colori cupi e immagini desolate. La sua pittura è una voce che si può ascoltare – e tutti possono ascoltare e comprendere – ma soprattutto è un atto di onestà, di sincerità.
Lorenzo Pellizzari
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